Maneskin: “Siamo ribelli, ma non scemi!”

“A noi non è che ha fatto piacere, ma c’è un discorso di buon senso. Se non cambiavamo quel passaggio ci squalificavano. Abbiamo tolto una parolaccia. Siamo ribelli, ma non scemi!”, così Damiano dei Maneskin, vincitori della 71ma edizione del Festival di Sanremo, dopo che hanno dovuto fare un ritocco alla canzone “Zitti e Buoni” nel passaggio “Parla la gente purtroppo parla non sa di che ‘cazzo’ parla” per poter rappresentare l’Italia all’Eurovision Song Contest. La band precisa che ci sono “regole per partecipare”, come anche la norma di rendere la canzone di tre minuti netti così da dover togliere “5 minuti da una parte e 5 dall’altra del brano”. Bannata anche una foto dal profilo Instagram di Damiano perché si “toccava”, il diretto interessato, che non prova a ripubblicare l’immagine, rimarca: “Io ci lavoro sui social, non so se conviene dichiarare guerra…”. Tanta ribellione e poi abbassano il capo? Non sembra, anzi l’idea del titolo di un articolo su di loro, “Siamo ribelli, ma non scemi!”, è stata suggerita proprio da Damiano in conferenza stampa streaming (preceduta da un minilive) per presentare il nuovo album “Teatro d’ira – Vol.I“, in uscita il 19 marzo, che sembra proprio una definizione calzante per un gruppo che vuole esprimersi libero, ma rispettoso delle regole, che quest’ultime quindi piacciano o no. L’album si apre con “Zitti e Buoni” e continua con “Coraline”, “Lividi sui gomiti”, “I Wanna Be Your Slave”, “In nome del padre”, “For Your Love”, “Paura del Buio”, e chiude con “Vent’anni”. Il nuovo album “Teatro d’ira” arriva a distanza di due anni dal debutto con “Il ballo della vita” ed è il primo volume di un nuovo progetto più ampio che si svilupperà nel corso dell’anno. Scritto interamente dai Maneskin, il nuovo album è stato registrato al Mulino Recording Studio di Acquapendente (VT).

Il titolo – “Nasce sul contrasto tra teatro e ira per far capire come il nostro impeto è da collocare in un contesto positivo: non c’è voglia di distruggere, ma la nostra è un’ira catartica che porta a cambiare le cose – spiega Damiano -. Abbiamo cercato di fare questo disco senza imporci limiti”. “La maturazione di tutti questi anni (hanno cominciato nel 2015, ndr) è confluita nel disco. Nei concerti abbiamo capito qual è la nostra forma più naturale. Abbiamo sperimentato tantissimo e solo ora abbiamo consapevolezza del nostro sound. Questo disco racchiude molta crudezza”. “Abbiamo puntato sulla presenza del power trio (gruppo musicale caratterizzato da una particolare line-up: batterista, bassista e chitarrista, ndr) – precisa Thomas -. È tutto frutto di un grande percorso e di un grande lavoro. Abbiamo cercato di trasfondere il live nel disco”. “Nasciamo live e probabilmente continueremo a vivere sempre live – osserva Ethan -. Se si pensa alle nostre origini, per l’esattezza cantare in via del Corso (a Roma), questa è stata la nostra scuola: là il pubblico lo si deve conquistare cercando di essere se stessi. Abbiamo registrato l’album in presa diretta. Abbiamo portato in studio la nostra natura di come siamo sul palco”. “Alcuni testi sono in italiano, altri in inglese – racconta Victoria -. C’è molta varietà all’interno dell’album, da brani molto duri a ‘Coraline'”.

“Coraline” – “Non è la storia di questo uomo cavaliere che da principe azzurro salva la principessa. Questa è una favola che finisce male – spiega Damiano -. Ho voluto descrivere una situazione di vita reale e metterla in musica. Vorrei non si pensasse a una principessa salvata, ma è la storia di appassimento di questa ragazza e il cavaliere è un semplice spettatore. ‘Coraline’ non è riferito al cartone, al film; la scelta del nome è puramente musicale, fonetica. La storia è una storia reale, della quale non parlerò, e che riporto in favola”. Quindi, la storia alla base è vera, ma in merito i Maneskin non aggiungono di più. “Ma viene, appunto, descritta come un film”, rimarca Thomas.

“I Wanna Be Your Slave” – “È un testo particolarmente colorito, forse con questo brano mi prenderò le mie prime denunce, però vorrei che si andasse oltre le volgarità descritte, definendo tutte le sfaccettature della sessualità. Una persona – osserva Damiano – può essere ‘schiavo’ e ‘padrone’ senza dover scegliere per forza cosa essere. La sessualità per noi è un lato della vita che è inutile chiudere in scompartimenti”. “È stato uno dei primi brani scritti a Londra – ricorda Victoria -. Lì abbiamo scritto anche ‘For Your Love’ pensata in un’ottica live, dando assoli di batteria e chitarra con riff di basso”.

“In nome del padre” – “È uno dei brani più strong dell’album”, afferma Thomas. “Non c’è blasfemia – chiarisce Damiano – nel passaggio ‘in nome del Padre, del Figlio, Spirito Santo’. Noi facciamo musica con talmente tanta passione che per noi è sacrale. Per noi è talmente importante che è ‘in nome del padre, del figlio e dello spirito santo'”.

“Lividi sui gomiti” – “È un crossover che ci piace molto, abbiamo voluto parlare con musica e testo di tutto quello che c’è attraverso il nostro lavoro – dice Damiano -. C’è tutto un lavoro dietro, parte di sacrifici importanti, impegno, disciplina: parliamo con la musica e ci sembrava giusto trascrivere tutto questo in musica”.

“Paura del Buio” – “È stato scritto a Roma, c’è molta sperimentazione, gioco, è il brano col sound più pazzo”, dichiara Thomas. “È quello che ha un sound diverso dagli altri brani – dichiara Victoria -. Su tutti i brani di questo siamo molto soddisfatti del risultato”. “Racconta – puntualizza Damiano – il rapporto conflittuale tra l’artista e la musica: da un lato la musica è fonte di divertimento, dall’altro ti risucchia energia e ti mette ansia”.

Rock – “Non vogliamo incasellarci in una categoria e definire cos’è rock e cosa non lo è – afferma Victoria -. Siamo un gruppo di ragazzi ventenni che suonano questo tipo di musica con strumenti analogici e in Italia non ce ne sono molti come noi. Se ci dicono che non siamo davvero rock ‘sti cazzi…”. “Il significato di essere rock – dice Thomas – è essere liberi, è giocare attraverso la musica”. “Portare un pezzo come ‘Zitti e Buoni’ a Sanremo e fare un album come ‘Teatro d’ira – Vol.I’ è rock: se non lo è questo, cos’è rock?”, dice Damiano aggiungendo: “A chi mi dice che non sono rock, in ‘In nome del padre’ dico: ‘tu stammi a un palmo dal culo testa di cazzo'”.

Rabbia – “Io sono incazzoso!”, esclama Damiano. “Ci sono pregiudizi e ingiustizie che provocano rabbia – spiega Victoria -, così incanaliamo questo sentimento nella musica: la rabbia va espressa, non repressa. Per esempio, a 14 anni ci siamo impegnati subito nella musica e molti ci hanno detto che questo non è lavoro e non era fattibile”. “La canzone ‘In nome del padre’ – aggiunge Damiano – è per tutti quelli che ci hanno detto ‘ma dove andate? Dovete studiare!’ e per i limiti che hanno provato a imporci, soprattutto quando volevamo andare a ‘X Factor”.

Live – “Non aspettiamo altro che i live che è dove ce la godiamo al massimo, ci manca il nostro pubblico per lo scambio di energia che c’è quando si è sul palco”, dichiara Victoria. Covid permettendo, è in programma un tour di 11 date, organizzato e prodotto da Vivo Concerti. Sono andati subito esauriti i biglietti per i primi quattro show al Palazzo dello Sport di Roma (14 e 15 dicembre) e al Mediolanum Forum di Assago (18 e 19 dicembre), a cui si aggiunge un terzo concerto al palazzetto di Milano, previsto per il 22 marzo 2022. Oltre a questa nuova data, sono annunciati i nuovi concerti della tournée che farà tappa il 20 marzo all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno (BO), il 26 marzo al PalaPartenope di Napoli, il 31 marzo al Nelson Mandela Forum di Firenze, il 3 aprile al Pala Alpitour di Torino, l’8 aprile al PalaFlorio di Bari e si concluderà nell’iconica Arena di Verona il 23 aprile 2022 (questo sarà un live evento che vedrà i Maneskin aprire la stagione dei grandi concerti 2022 dell’Arena).

Cos’è per i Maneskin la “Rivoluzione”? “È essere se stessi”, rispondono all’unisono.

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