Stefano Bruno: “La musica e l’amore sono le uniche forze in grado di muovere ogni cosa”
“Viaggiare tanto e regalare emozioni con la musica” è il suo sogno nel cassetto. Lui è Stefano Bruno, nato a Milano il 6 luglio 1990. Si mantiene lavorando part time in un supermercato, ma ha la tenacia e i numeri per realizzarsi con la musica.
Stefano, “Per le strade del cielo” arriva dopo diverse esperienze musicali – un duo acustico, una band e un coro soul gospel (il “Soul Voices”) -, quando hai sentito che era il momento di buttarti in questa avventura?
“In realtà le canzoni erano già state scritte, erano già pronte dall’inizio del 2019 e la svolta è arrivata paradossalmente con la pandemia. Questo non è solo un disco per me, ma un percorso di vita. È una sorta di iniziazione sia nel mondo musicale che nella vita vera e propria. Gli eventi che mi hanno portato a pubblicare questo mio primo disco sono la pandemia e il brano di Diodato ‘Fai rumore’ che mi ha dato una forte spinta a cominciare questa avventura“.
L’album è completamente autoprodotto (registrato presso lo studio Casamedusa insieme a Francesco Campanozzi che ha curato con te la produzione e Max Lotti per quanto riguarda il mix e il mastering): com’è stata questa esperienza?
“È stata un’esperienza stimolante perché ho imparato tante cose dal punto di vista della produzione, c’ho messo mano io, quindi ho deciso io come arrangiare i pezzi e che sound dare. Poi c’è il negativo perché avrei potuto anche produrlo tre anni fa, però ho dovuto andare a rilento per il fatto di finanziarmelo io, quindi ho dovuto aspettare le entrate per potermelo finanziare a poco a poco, senza fare il passo più lungo della gamba“.
Un bel trentesimo compleanno, dai…
“Una magra consolazione visto che quest’anno è stato ‘un po’ fantasma’, ma mi sono tolto questo sfizio che rende meno amaro questo 2020“.
Nel disco ci sono sette canzoni inedite (“Ti lascio stare per le strade del cielo”, “Ho cercato il tuo nome”, “Colgo una lacrima”, “Italia turrita”, “Scrivilo sul mare”, “Nicaragua”, “Amico mio”) e una cover (“L’aquila” di Lucio Battisti, estratto dall’album “Il mio canto libero”): quali emozioni hai raccolto in questo disco?
“Questo è un album intimo ma anche pop, un pop crossover che prende spunto sia dal rock che dal cantautorato, ma anche dalla musica etnica. Trasuda intimità, inquietudine e tanta confusione, quindi emozioni ma anche temi a me cari come l’amore, o il legame con il mare e l’erotismo. Si parla di tante cose, ma il tema portante sono l’inquietudine e la malinconia“.
C’è tra questi inediti uno a cui sei legato in maniera particolare?
“Ogni volta cambio perché dipende dal periodo, adesso, per questo momento che stiamo vivendo, penso sia ‘Italia turrita’ perché è una sorta di inno“.
Perché come cover hai scelto “L’aquila” di Lucio Battisti? Cosa ti lega a questa canzone?
“L’ho cantata in occasione del Premio Poggio Bustone, quello che annualmente fanno in memoria di Lucio Battisti. Ho voluto scegliere un brano un po’ di nicchia di Lucio Battisti, che è uno dei miei artisti preferiti. Non volevo cantare le solite canzoni famose, non che non siano belle, ma ho voluto cercare qualcosa che era meno conosciuto al pubblico, anche per dare omaggio alla grandezza di Lucio Battisti e anche per raccontare alla gente, che magari lo apprezza per le canzoni più famose, che lui ha fatto anche ben altro“.
I tuoi punti di riferimento musicali dichiarati sono Lucio Battisti, ma anche Lucio Dalla, i Pink Floyd e David Bowie: ma se potessi chiedere un consiglio musicale e strategico ad uno di loro, chi sceglieresti?
“Stamattina mentre andavo al lavoro ho sentito ‘Hey You’ dei Pink Floyd, sceglierei loro, non so cosa chiederei di preciso però mi piacerebbe, anche se magari rimarrei in silenzio per l’emozione ad avere davanti quei mostri sacri“.
La tua voce a me ricorda molto Franco Battiato, che posto occupa lui nei tuoi gradimenti musicali?
“Battiato e Battisti sono nel mio olimpo musicale, in alto ci sono loro“.
È passato un anno dall’uscita del tuo primo singolo – era novembre 2019 quando hai pubblicato “Ho cercato il tuo nome” -, un piccolo bilancio?
“Non c’è stato modo di suonare dal vivo, ma è stato un anno ricco di soddisfazioni. Nell’estate 2019, tra l’altro, mi sono classificato terzo al Premio Poggio Bustone e anche lì mi sono fatto notare. È stata una bella soddisfazione cantare a Rieti, anche per un valore simbolico, sia perché è la terra di Lucio Battisti sia per la gente dopo gli eventi spiacevoli che ci sono stati del sisma. È stato veramente emozionante“.
Qual è la tua meta?
“Sono una persona umile, però ambiziosa. Mi piacerebbe trovare un’etichetta con cui lanciare le mie prossime uscite, questo magari mi darebbe maggior spinta e maggior riverbero“.
La prossima tappa segnata in agenda? Il prossimo passo che farai?
“Sto scrivendo altri brani, quindi prossimamente pubblicherò altre canzoni e poi vedremo anche in base alla situazione cosa si potrà fare“.
La tua massima?
“La musica e l’amore sono le uniche forze in grado di muovere ogni cosa. Il prossimo brano è incentrato su questa massima qui“.