Sauro Martinelli: “Portare sempre avanti i propri sogni, non fermarsi mai”

Ho passato un periodo buio, difficile ed era un modo per scrivere un inno al non arrendersi mai e, infatti, menziona anche di un pugile che cade al tappeto travolto dai sentimenti e che in realtà si deve rialzare e non si può arrendere. Conta fino a dieci ma bisogna alzarsi prima“, racconta così la genesi del suo ultimo singolo, “Come polvere” (etichetta Beat Factory/distribuzione Believe), Sauro Martinelli, cantautore nato a Johannesburg nel luglio del 1975 da padre italo-scozzese e madre sudafricana (anglo-olandese). “L’idea era quella di dare forza e coraggio a qualsiasi persona, individuo, che si trovi in una difficoltà e che però comunque deve riscoprire se stesso con le proprie passioni, i propri sentimenti, i propri sogni e portarli avanti sempre, senza mai fermarsi. ‘Come polvere’ è un po’ questo“.

Sauro, “Come polvere” è stato quindi un testo catartico per te?

Non saprei definirlo catartico, però sicuramente è qualcosa di importante“.

Il video del brano, diretto da Vanessa Fiori e interpretato da Francesca Lapadula (Miss Ticino 2016), unisce la danza alla natura incontaminata delle montagne del Ticino: perché questo accostamento?

Si voleva partire da una disciplina notoriamente difficile, ardua, dove le prove non terminano mai per poter arrivare alla perfezione, e quindi proprio per questo percorso di crescita e questo non arrendersi mai credo che la danza fosse una di quelle discipline da poter utilizzare come metafora. Dall’altra parte c’è lo spazio sconfinato delle montagne, del Monte Generoso in Ticino, a 1.700 metri, per due cose, una è per comunicare a tutti che siamo in un mondo meraviglioso, la seconda perché la montagna è un’altra metafora della difficoltà e del non arrendersi mai: per raggiungere la vetta man mano che si va più in alto diventa sempre più difficile, manca l’ossigeno, i sentieri sono più tortuosi, salite, discese e scalate. Quindi fondamentalmente sono due ambienti che si legano insieme per questo concetto di fatica, di non arrendersi mai e di andare avanti con i propri sogni e era pure un gridare al cielo aperto su questa montagna, su questo spazio vasto e farci capire che siamo anche tanto piccoli, ma che siamo anche molto forti e davanti alla natura si rimane veramente folgorati“.

Con Vanessa Fiori hai già collaborato in altri videoclip come in quello di “Ma cosa importa”. Siete un sodalizio?

No, però ci siamo trovati bene e eventualmente poi in futuro ci saranno ancora dei video, non lo so, lo vedremo, però per adesso stiamo lavorando insieme e credo che sia molto brava e quindi fondamentalmente ci siamo legati anche per questo video“.

“Come polvere” è una ballad rock: è il genere che hai sposato o ti piace anche sperimentare altro?

Cerchiamo di sperimentare, ovviamente io nasco come cantautore che ha masticato parecchio musica italiana dei tempi d’oro direi, quindi De Andrè, Dalla, stiamo parlando di grandi, Biagio Antonacci, Vasco Rossi, Ligabue, quindi in realtà anch’io mi sposo molto al pop rock, anche del rock, ma non ci limitiamo a quello. Anche la sonorità di ‘Come polvere’ è stata fondamentalmente una ricerca per cercare un attimo di indirizzarci un po’ più su una musica internazionale mantenendo il cantautorato. Quindi siamo andati anche un po’ a ricercare gruppi come i Coldplay, abbiamo analizzato un po’ questi synt e questi fiati proprio per dare questa internazionalità al brano. Stiamo sperimentando. Purtroppo il tempo e la tempistica con cui l’industria musicale, ma non solo quella, ma proprio il mondo in sé, non ti dà possibilità di fare ricerca quanto vorresti. Però sicuramente stiamo cercando di fare qualcosa anche di diverso“.

Hai parlato di internazionalità: quanta Sudafrica c’è nelle tue note?

Ce n’è un po’ perché ci tengo molto, sono molto legato anche perché ho la parte di famiglia più grande  del Sudafrica. Dell’Africa ci sono poi anche dei brani che ho scritto su Mandela, ad esempio, che è ancora in fase di costruzione, ci sono delle cose che mi porto dentro. E poi c’è anche tanta Italia però, perché io ho vissuto parecchi anni in Italia e tante storie che racconto sono e vengono da quegli anni oppure da persone che conosco da tanto tempo. Quindi mi porto un po’ tutto“.

Ma adesso quindi non vivi in Italia?

Adesso vivo in Svizzera, in Canton Ticino, da dieci anni ormai, perché avevo i miei genitori che abitavano qui e ovviamente gli anni passano per tutti e tenevo a essere più vicino a loro, quindi a quel punto ho raggiunto loro qui“.

Una bella scelta di vita. Ora come continuerà il tuo percorso discografico?

Prevede l’uscita di altri singoli nei prossimi mesi, che sono quasi finalizzati, siamo alla masterizzazione. Sto suonando dei brani con dei musicisti anche importanti. Poi probabilmente più che di album parleremo di raccolta, nel senso che faremo una raccolta di questi singoli che usciranno man mano e probabilmente in base a un periodo oppure a un elemento comune dei brani potremo fare poi degli album. In più, ovviamente, sperando che il Covid ci lasci lavorare in libertà, quando passerà ovviamente, stiamo lavorando anche su dei live, e non ultimo anche live via digitale fino a quando il Covid ci terrà legati“.

Chi ti ha dato la “spinta” nel buttarti nel mondo della musica è stato il produttore Filadelfo Castro (nella scorsa edizione del Festival di Sanremo ha guidato sul palco Rita Pavone e ha collaborato con artisti del calibro di Tiziano Ferro, Pooh, Max Pezzali, Gatto Panceri, Valerio Scanu, Loredana Errore, Amedeo Minghi, Daniele Battaglia, Claudio Cecchetto), vero?

Io scrivo canzoni da quando ho 14, 15 anni iniziando a comporre i primi brani, ovviamente ho sempre tenuto tutto in sala prove, nei gruppi, qualche palcoscenico piccolino, poi la piazza, la scuola. Però, in realtà, ho preso anche un altro percorso seguendo le orme di mio padre per cui ho lavorato per tanti anni viaggiando moltissimo per questo settore che è meraviglioso che è il trasporto aereo merci. Da lì però mancava sempre questo sogno, questo sassolino nella scarpa che avevo che dovevo assolutamente portare avanti prima di trovarmi allo specchio magari a ottant’anni e dire ‘potevi farlo ma non l’hai fatto’, invece lo volevo fare. Ho conosciuto Filadelfo Castro cinque anni fa, ho fatto ascoltare dei miei brani che avevo scritto più recenti e da lì è nato questo sodalizio. Questo lo chiamerei veramente sodalizio perché è un amico, oltre che un maestro e ovviamente lui ha fatto dei grandi lavori, ci sono dei grandi nomi con cui ha lavorato, mi affido a lui perché ogni giorno con lui io imparo qualcosa di nuovo. C’è questo feeling che, tra l’altro, è sbocciato in una grande amicizia e quindi questo è un sodalizio vero e proprio“.

Il vostro incontro è al pianoforte o alla chitarra di solito?

Filadelfo è un chitarrista, io suono chitarra e pianoforte. Diciamo che scrivo prettamente perché non sono musicista coi controfiocchi, ma me la cavo suonando chitarra e pianoforte e li uso e mi accompagno per poter scrivere. La maggior parte dei brani li scrivo con la chitarra“.

Siamo sotto Natale, hai mai pensato a una cover delle feste?

Pensata sì, ma probabilmente non sarà quest’anno. Però ovviamente sì, ci sono sempre alcune canzoni che riportano sempre al Natale e sono speciali, però non ho mai esplorato questa opportunità al momento“.

Cosa ti aspetti sotto l’albero di Natale?

La prima cosa che mi aspetto è la salute, la salute per i miei cari, per tutte le persone che mi sono vicine e ovviamente per tutti. Spero che vada via questo Covid che assolutamente ci sta legando, ma ci sta anche facendo capire tante cose. Sotto l’albero di Natale, forse già qualche sogno, qualche sassolino nella scarpa me lo sto togliendo con l’uscita di ‘Come polvere’, con l’uscita dei prossimi singoli e spero proprio di poter andare avanti per questa strada. Però in primis è la salute, la salute per tutti, poi tutto il resto si conquista e si cerca di fare il massimo possibile“.

Hai detto che il Covid “ci sta anche facendo capire tante cose”: a cosa ti riferisci nello specifico?

Io credo che il mondo era estremamente frenetico e il Covid forse è stata anche ‘una lezione di vita’, purtroppo ovviamente ha visto anche tanto dolore, però è stato anche un modo per poter aprire gli occhi e cercare di capire che forse il mondo stava correndo troppo e si dimenticava un po’ di noi, dell’essere umano, il sistema era talmente vorticoso che al centro non c’era più la sopravvivenza e quell’emozione, quel sentimento, proprio, di appartenenza alla vita, ma c’era tanto altro che poi alla fine era un po’ futile. Ha dato anche l’opportunità di scavare dentro se stessi stando in casa cosa che si deve fare tuttora, però dà la possibilità veramente di fare tante riflessioni. Spero che il mondo possa essere migliore anche da questa esperienza“.

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