Per il cantautore Nicolò Marangoni l’amore è “un salto nel vuoto senza promesse”
Nicolò Marangoni è un poeta. È dolce e profondo. Il suo brano “Flaubert” è un libro di emozioni da sfogliare. Suona la chitarra acustica e il pianoforte. Ha partecipato al libro collettaneo “La mia prima volta con Fabrizio De Andrè” (con prefazione di Dori Ghezzi), un piccolo tassello che si aggiunge ai suoi messaggi capaci di costruire ponti di sentimenti verso l’altro. Sorpresa dall’intensità della sua scrittura a fronte dei suoi 21 anni, ho provato a conoscere la strada che sta solcando questo giovane cantautore veneto.
Nicolò Marangoni, quali sono le caratteristiche del tuo carattere?
“Sono molto introverso inizialmente, tendo a essere chiuso in me stesso, anche nei rapporti sentimentali prima di aprirmi con una persona cerco di guardarla bene, capire bene con chi sto parlando. Questo è il primo dettaglio caratteriale che mi verrebbe da dirti. Il secondo è che sono molto curioso di mio, sono sempre alla ricerca di qualcosa“.
Quali le tue peculiarità da artista?
“Penso di avere qualcosa da dire soprattutto riguardo alla scrittura, il messaggio che voglio portare alle persone è quello di – metaforicamente dico sempre – provare ad aprire la finestra, di guardare fuori davvero e poi riguardare dentro: sicuramente si noterà qualcosa che prima non si è notato”.
Com’è iniziato il tuo percorso discografico?
“Discograficamente parlando ho iniziato relativamente non da tanto, da un annetto e mezzo quando ho conosciuto Benji & Fede e tutto il loro team che hanno un bellissimo studio a Modena (lo studio Take Away, ndr), che hanno ascoltato le mie canzoni che sono piaciute molto e da lì ho iniziato a lavorare seriamente in studio con dei professionisti che capivano la mia direzione e mi hanno supportato e tuttora sto lavorando con loro. Poi la seconda svolta è stato proprio durante la quarantena che tramite un post su Instagram, dove cantavo un pezzo di una canzone che avevo appena scritto, sono stato contattato da Believe, la mia etichetta attualmente, che mi ha proposto un contratto discografico per un album e quindi adesso ci stiamo lavorando“.
“Flaubert” è dedicata a qualcuno?
“Sì, è dedicata a qualcuno“.
L’amore per te cos’è?
“Non è una domanda semplice a cui rispondere. Potrebbe essere un salto nel vuoto senza promesse“.
Dello scrittore Gustave Flaubert cosa hai letto?
“Quando io parlo di Flaubert sono principalmente due libri a cui mi riferisco e che secondo me sono dei capolavori: il primo è ‘Memorie di un pazzo’ che ha scritto da giovanissimo, aveva 18 anni ed è pazzesco; e il secondo libro è invece ‘Novembre’, un po’ più maturo, però anche quello è rimasto di nicchia rispetto al grande pubblico, però secondo me è uno dei migliori“.
I tuoi modelli di riferimento culturale?
“Ti direi che sono molto ispirato a Vecchioni non solo come cantante ma anche come personalità, mi piace molto questa idea che le canzoni prima di tutto sono cultura e quindi anche il messaggio e il modo in cui ci rapportiamo alle persone deve avere una base di cultura e di letteratura“.
Come proseguirà il tuo cammino artistico tra la preparazione dell’album e lo studio di “Scienze dello spettacolo” all’università?
“Per l’album non ho ancora una data precisa di uscita, dovrebbe essere nel 2021. Adesso ci saranno una serie di singoli. Il primo, ‘La tua stanza piena di fiori’ – posso già annunciarlo -, uscirà il 27 novembre. Poi ci saranno altri singoli prima dell’album. Contemporaneamente sto studiando all’università di Padova questo trittico di materie che sono cinema, musica e teatro ed è molto interessante quel fronte lì. Sempre impostato sul mio percorso musicale, anche quando mi interfaccio con l’università cerco sempre di capire cosa mi può portare a livello di scrittura e di immagine“.
Hai detto di Benji & Fede, a livello di scrittura per caso hai scritto o scriverai qualche loro canzone?
“Scriverò? Me lo auguro, non ho ancora scritto niente, però ci sono un forte rispetto e ammirazione reciproci, loro hanno ascoltato i miei brani e gli piacciono molto e spero che un domani ci possa essere la cosa. Attualmente si sono separati e non posso dire niente di quello che stanno facendo, però sapendo cosa stanno andando a fare spero ci sia uno spazio anche per condividere qualcosa di musicale“.
Visto che studi all’università il valore delle immagini, per il videoclip “Flaubert”, diretto da Marco Mannini, si può riconoscere anche la tua mano nel realizzarlo?
“Con Marco Mannini, questo ragazzo bravissimo di Torino, abbiamo lavorato molto insieme, anche prima di andare a fare il video, per redigere lo script. Quindi c’è stato un lavoro comune. Anzi ci tengo a lavorare sui videoclip perché è una forma di comunicazione un po’ diversa dalla canzone, in cui non si esprime perfettamente tutto ciò che io dico nella canzone, che voglio dire con le canzoni, ma è una forma leggermente diversa, dissonante che porta un’altra visione di immagini che secondo me è però molto significativa e evocativa allo stesso tempo“.
Dulcis in fundo, qual è il tuo sogno più grande?
“Il mio sogno più grande è riuscire ad avere un bel pubblico per poter comunicare tutte le mie canzoni nella maniera più giusta. Io vorrei soltanto arrivare alle persone e lasciare le mie canzoni. Io posso anche non essere ricordato però le mie canzoni spero che siano un flusso che attraversi le epoche e rimanga tra le persone perché appartengono alle persone le canzoni e mi dispiacerebbe che rimarrebbero soltanto nel mio percorso. Invece nel mio obiettivo è che siano di tutti“.