wLOG: “Sono riuscito a dipingere la mia vita come la volevo e voglio”
Un giorno è partito e si è ritrovato nei boschi eleggendo questa immersione totale nella natura a sua vita ideale e reale. È wLOG il nome con cui conosciamo la sua voce, i suoi testi, le sue note. Sorpresa dall’ultimo singolo, ‘I Canini di Vlad’, sono riuscita a contattarlo. A rispondermi al telefono è stata la sua manager il cui nome è come il mio. Mi ha passato wLOG e partendo dal nome Ornella che si ritrova in un romanzo di Gabriele D’Annunzio siamo passati al suo…
wLOG: come nasce il tuo nome d’arte?
“In realtà è sia un acronimo che un anagramma. Questo proprio è secretato. Però in realtà mi piaceva molto anche che in matematica Wlog è l’eccezione, quella prova che si basa su un presupposto diverso, eccezionale. Quindi mi piaceva molto questa cosa, mi sono ritrovato e quindi la casualità che questo anagramma, questo acronimo avesse anche questo significato, boom, mi è piaciuto e l’ho tenuto“.
Sei cantautore, poeta e artista, immagino anche di arti figurative: come convive questo tuo avere diverse attitudini e capacità espressive?
“Arti figurative? Mi piace, mi diletto, però nulla di che. Io mi sento artista nel modo di vivere nel senso che sono riuscito bene o male a dipingere la mia vita attraverso difficoltà come la volevo e la voglio. Poeta sai scrivo tanto, ho scritto dei libri che però stiamo vedendo se e quando farli uscire, due romanzi e una raccolta di poesia. I poeti veri sono altri… Io ho bisogno delle note, delle canzoni, i poeti, quelli bravi, riescono anche senza. Però nel mio piccolo qualcosa ho scritto, sono sensibile nell’animo, credo che come tutti gli artisti questo sicuramente è un fatto che mi accomuna loro“.
Mi incuriosisce la tua produzione letteraria.
“Guarda io ho sempre scritto tantissimo, in maniera compulsiva, sia canzoni che testi, quindi da sempre. Infatti a chi mi chiede ‘Ma quando è nato il progetto?’, ‘Com’è nato?’, rispondo che non ho idea nemmeno io, nel senso che io ho avuto un’infanzia molto difficile“.
Mi dispiace.
“Ho avuto una prima parte della vita molto complessa e la scrittura sia delle canzoni che dei testi era proprio un modo per stare bene, una medicina, quindi è diventato proprio qualcosa di compulsivo se vogliamo, ma istintivo, ecco“.
Se dovessi dare un colore alla tua anima: quale daresti e perché?
“Arcobaleno perché sono poliedrico nel senso che poi non significa che non ho un’identità, una personalità, però sono una persona con parecchi aspetti, complessa, mi pongo come il cubo di Rubik, anche quello c’aveva tutti i colori!“.
Quindi se ti chiedo l’etichetta di genere – dance, indie, rock, pop – che ti corrisponde di più?
“Ma… è difficile perché io ascolto di tutto, come ascoltatore ascolto tutto. Mi piace il gergo indie perché mi piace il concetto di indipendenza nel senso di non dipendenza da influssi. Le mie canzoni sono davvero peculiari, quelle che pubblico almeno sono sempre canzoni che nascono così spontanee nella loro linea melodica, nell’arrangiamento. Non seguo niente, non guardo a niente. Poi io sono fatto così con un progetto, anche un po’ senza pretese. Io ho scritto anche tanto per altri e loro mi hanno spinto al mio progetto solista. Quindi è nata anche un po’ così, producendo un po’ superficialmente, però adesso si sta facendo un po’ più interessante, ma non guardo ai generi, non saprei dirti. Quindi, pop sicuramente, le canzoni sono pop. Indie-pop ci sta perché in teoria sono rivolte a tutti“.
Quando dici ‘ho scritto anche per altri’ mi puoi fare qualche nome?
“Preferisco di no, ma ho avuto buone collaborazioni. In franchezza, senza vergogna, posso dirti che dopo aver pubblicato non torno più indietro da qui. Io scrivo tantissimo, una canzone al giorno più o meno. Il problema è che tante volte da autore erano più le canzoni che finivano buttate via nei cassetti, cestinate, rifatte, riscritte, scomposte, perché poi c’è nel mondo musicale, nell’editoria, c’è proprio il mood che si prende il ritornello bello, lo si monta con la strofa: tutte queste cose a me non piacciono molto. Quindi credo che quella è un’altra vita. Anche perché non ero col mio nome d’arte, ma col mio nome di battesimo, quindi Wlog guarda solo al progetto solista“.
Quando componi, ti accompagni con uno strumento musicale tipo la chitarra o utilizzi un software?
“Le canzoni pubblicate fino adesso son partite sempre tutte sulla chitarra. È lo strumento che mi accompagna, mi ha sempre accompagnato in tutte le mie scritture. Poi mi è capitato con un paio di brani, ‘Biglie’ e ‘Zerodue’, che sono nati su dei mood che avevo più o meno in testa, che avevo comunque lavorato su delle basi, quindi sui classici programmi di arrangiamento inizialmente. Poi ne ho altri che nascono sul piano, ma sul piano non sono bravo, me la ‘cavicchio’, prendono una strada un po’ strana e al momento non li ho ancora pubblicati quelli. Sono molto intimi. Comunque sai non decido da solo quali brani pubblicare. Scrivendo tanto, quando devo decidere cosa produrre faccio scegliere. Quelli sul piano non sono ancora stati ‘scelti’, quindi tutti quelli che avete sentito sono tutti nati sulla chitarra“.
Quanto la tua Milano incide nella tua produzione artistica?
“Io sono di Milano, però vivo isolato nel Parco delle Orobie nel bergamasco, a 1.300 metri d’altezza. Milano sì è stata importantissima, io mi sento milanese assolutamente, è una città che ho vissuto in lungo e largo: ho sia dormito sulle panchine che frequentato gli uffici in piazza Duomo. Però sono anche uno che ha viaggiato molto, quindi sulla mia musica non c’è campanilismo o comunque più di tanto un influsso. Sicuramente nelle esperienze personali sì, però ormai sono otto anni che sono qua nei boschi e devo dire che sicuramente questo forse ha inciso anche di più nei livelli d’ispirazione, perché è un ambiente che ti prova… Il lockdown o lo smart working, che tutti stanno sperimentando adesso per il Covid-19, sono otto anni che fanno parte della mia vita“.
Vivi praticamente recluso.
“Ma sì, poi in realtà scendo a Milano per i live o per produrre e suonare con gli altri. Ci metto poco, in un’ora e mezza sono in Milano. Guido molto, per me non è un problema. Però l’isolamento non è semplice… soprattutto i primi tempi quando senti solo il rumore di aquile e di animali sul tetto. Dopo un po’, certo, ci fai l’abitudine ed è anche bello“.
Cosa ti ha ispirato “I canini di Vlad”, da poco in radio e in digitale, quest’atmosfera dei boschi?
“Allora, esatto! ‘Ti dovevo solo accompagnare’ dai te l’ho fatta sulla chitarra (ride, intonando il pezzo, ndr). Qui un po’ Transilvania lo è a volte, quindi un po’ mi ha ispirato. Ma non sempre, ci sono dei giorni meravigliosi di sole. Una notte c’era nebbia, un cane che ululava molto e stavo mettendo apposto un armadio, è venuta fuori la foto di una ragazza che ho conosciuto un po’ di anni fa e niente, è venuta fuori così in quel momento la canzone. Ce n’erano tre che stavamo facendo con i produttori in quel momento, ma poi abbiamo deciso per questa“.
Senti, una cosa un po’ personale: con questa ragazza ti sei risentito in occasione della canzone?
“No, ma sicuramente l’ha sentita. Penso che sappia che parli di lei…“.
Sei uscito quest’estate con l’ep “Nisba”, ora questo singolo: come prosegue il tuo progetto discografico? Stai preparando un album?
“Il progetto prosegue davvero bene nel senso che inaspettatamente il primo album (uscito a marzo 2019, ndr) è stato tanto nelle playlist editoriali di tutto l’anno, i live sono andati davvero bene, mi son divertito, la gente era coinvolta. Fortunatamente io ho tanti brani che si prestano ai live e che nascevano per i live, brani come ‘Cervello Parboiled’ sono spinti per i live. Tornando alla tua domanda, l’idea è di fare un po’ di singoli adesso. Mi hai preso proprio con la chitarra in mano perché ne sto finendo uno adesso che spero esca a breve. Ho già due, tre idee di arrangiamento. Ne ho già finiti degli altri. Quindi voglio andare avanti così e per quest’estate sinceramente io almeno un ep lo vorrei fare. Poi è chiaro l’ep si perde perché – mi è successo l’altro ieri – mi ha scritto una ragazza che mi diceva ‘ah caspita in Nisba c’è Tremometro, un pezzo bellissimo’, cioè prima non lo aveva sentito. Quindi, è chiaro che alla fine nell’ep qualcuna si perde un po’. Però sicuramente d’estate lo farò perché si stanno accumulando un po’ di brani e io voglio pubblicare, per me è importante, mi fa stare bene. Non pensavo questa cosa, è proprio una droga sana, ma non ho aspettative, non è che io vivo contando gli stream che fa una canzone o aspettando cosa dicano i fan, io faccio, se piace bene, se non piace pazienza, sono sincero nel dirlo“.
Nell’ep a cui stai lavorando metterai qualche brano in più di ‘Nisba’ che se non sbaglio ne conteneva quattro?
“Sì, allora ‘Nisba’ erano quattro inediti (la tracklist comprendeva: ‘Cervello Parboiled’, ‘Tremometro’, ‘Suppergiù’, ‘Ehi Carovita’, ndr). Sicuramente ti posso dire che saranno tutti inediti, quindi magari sì ecco metterne cinque o sei. Però, come ti dicevo, se ne metti troppi dopo si perdono. L’album ‘Wlog’ (la tracklist ha: paDroni della sabbia’, ‘osmosi’, ‘Dispetti di carta’, ‘Indigestione’, 29 febbraio’, ‘Pirlo’, ‘Roger’, ‘Amsterdam Arena’, ndr) è stato un caso eccezionale perché ero appena partito e mi avevano detto ‘fai l’album’, avevo due mesi di tempo e quindi le canzoni c’erano ma non è stato neanche facile, qualcosa se potessi tornare indietro non la metterei per farla meglio. Ci sono dei brani usciti anche bene, ma potevano uscire anche molto, molto meglio. Quindi adesso faccio le cose con più calma, diciamo che sì quattro o cinque brani li metterò, ma non di più perché ti ripeto già su ‘Nisba’ alla fine la gente ha sentito ‘Cervello Parboiled’ e ‘Suppergiù’, ma ‘Tremometro’ se la sono persa in tanti ed è un pezzo a cui sono molto legato“.
Il verso che hai scritto che ti racconta di più?
“Io penso forse ‘Che poi ti han messo in mezzo! E tu quel giorno hai preso Anna, i treni e quattro tessere’ di ‘Un colpo solo’ perché c’è tanto della mia vita in quel punto. Io sono uno che ha preso delle decisioni, scelte anche difficili ma appunto ha chiuso con un passato, con un certo tipo di situazioni. Un giorno ho preso la macchina e son partito. Non sapevo neanche dove stavo andando e sono arrivato qui nei boschi che non c’avevo la casa dove stare. Sono partito prima con un affitto, poi piano piano ho capito che poteva essere la vita giusta e ho comprato la casa proprio qui. Quel verso lì di ‘Un colpo solo’ probabilmente mi rappresenta un po’ di più“.
Quanto coraggio… Invece il verso di un altro artista – cantante o poeta – in cui ti rispecchi di più?
“Forse Brunori Sas ne ‘La verità’: ‘ti fa paura l’idea di scomparire’. Quel brano penso sia molto profondo, in fin dei conti sì forse è un po’ negativo però penso che comunque ha una grande verità: in fin dei conti molto spesso le nostre scelte sono mosse da una paura di fondo“.