A tu per tu con i Fantastic Fiatella, viaggiatori alla scoperta di nuovi ritmi al grido di: “facciamo zibaldoni!” Sulla loro rampa di lancio c’è l’energia di “Daje Corazon”

“Che la musica possa ritornare ad occupare i suoi spazi”, mi saluta così Luca Hunter (trombone, voce e percussioni) dei Fantastic Fiatella, il duo di “ottoni” assieme a Emi Zapata (tromba, voce e percussioni). Hanno sulla rampa di lancio “Daje Corazon“, brano prodotto da Max Dedo per astralmusic, dopo che durante il lockdown ci hanno regalato un briciolo di leggerezza con “Er Ballo della Quarantena“. “Fare zibaldoni” è il loro modo di essere, “quel vivere in comunità, quel mettere tutto insieme, come quando in cucina sperimenti e aggiungi sapori diversi facendo uscire qualcosa di differente… talvolta è arte, altre no, ma è tuo”, spiega il trentottenne Luca. Curiosità: con Emi e Max vi incontrate quindi anche ai fornelli? “Dedo è siciliano, noi romani, e tutti e tre abbiamo aperture culinarie verso tutto il mondo: a noi piace sperimentare. Nelle cene uniamo piatti di varie parti del mondo come nella musica”.

Luca, come nasce “Daje Corazon”?

“Questa canzone nasce dalla nostra necessità di esprimere in linguaggio semplice alcuni sentimenti che avevamo dentro e che volevamo portare alla luce, emozioni che un po’ ci tormentavano e un po’ ci facevano sorridere delle nostre debolezze. Noi siamo molto autoironici nel gruppo e volevamo dare fiato a questo inno di positività su molti aspetti della vita e della cultura moderna. Spesso, infatti, additiamo come male il diverso, quando siamo noi i diversi, quelli che sono al di là e non ce ne rendiamo conto. Questa è l’idea di base su cui abbiamo riversato musiche dal ritmo molto sudamericano perché sia io che Zapata veniamo da quella cultura – io sono legato a ritmi brasiliani (ho vissuto lì per diversi anni e insieme abbiamo suonato lì), Zapata invece ha ritmi più cubani – e abbiamo deciso di fare una cumbia un po’ più elletro, dal ritmo scanzonato, per portare alla luce questi aspetti della vita quotidiana”.

Un progetto pensato durante il lockdown del Covid-19?

“In realtà volevamo uscire con Daje Corazon a fine febbraio/primi di marzo, ma poi per il blocco ci siamo un po’ fermati e durante la quarantena, ognuno dentro le proprie case, subito ci siamo detti di tirare fuori qualcosa di nuovo e diverso, anche non all’interno delle nostre corde, che è diventato ‘Er Ballo della Quarantena’ che è stato un modo di ritrovarci insieme in un momento in cui eravamo tutti divisi all’interno ognuno della propria abitazione, lontano dagli altri. Questo ballo un po’ ridimensionava quell’assurdo pensiero che eravamo soli e un po’ era un esempio che con la musica si possono fare cose belle anche a distanza. Da lì l’idea di fare quel video con amici che hanno ballato per noi, mandando contributi anche con i bambini: è stato un momento di comunità molto carino. Il ballo ha avuto anche un discreto successo sulla piattaforma youtube. Siamo contenti, quello è un reggae forte. È stata la cosa più estemporanea di tutto il progetto Fantastic Fiatella”.

Nel video pensavo fossero quasi tutti vostri familiari, invece no?

“No, abbiamo scritto agli amici su whatsapp se volessero partecipare spiegando a tutti l’idea e ci hanno risposto da tutte le parti del mondo. Ci sono riprese dal Giappone, da posti impensabili, è stato un modo per ritrovarsi anche durante la quarantena”.

Vi siete uniti all’appello per la musica durante il lockdown, qual è il punto più critico di questa situazione oggi?

“Senza voler fare polemica, perché è un argomento molto complesso visto che in Italia ci lavora una quantità importante di persone, dal nostro punto di vista questo settore è stato non dico dimenticato ma un po’ messo da parte, in un momento in cui credo che l’arte, la cultura, il bello dovrebbe essere valorizzato, a partire, ad esempio, dal turismo. L’Italia è un Paese del bello con l’eccellenza nelle arti e questo dovrebbe essere il punto centrale della ripartenza, non essere messo da parte. Noi siamo la popolazione che porta la cultura e il bello un po’ dappertutto e nel nostro settore ci sono grandi professionisti. La parola professionista nel nostro settore è un po’ vista male, invece ci sono grandi professionalità che andrebbero valorizzate”.

Vista questa situazione, che colore dai a questa estate?

“Noi come Fantastic Fiatella amiamo i colori forti di ‘Daje Corazon’, perché siamo animati da spirito di fuoco, energia, voglia di fare del bello. Per noi i colori sono sempre molto accesi e ci spingono ad uscire e a dare il meglio di noi stessi. Una volta usciti da questa pandemia in cui siamo ancora in bilico, dobbiamo avere il coraggio di prendere la vita e viverla. Per noi i colori sono sempre propositivi”.

Con Emi Zapata, come vi siete riconosciuti? Avete caratteristiche simili?

“No, abbiamo caratteristiche completamente differenti. Forse proprio per questo ci siamo ritrovati, facendo venire fuori il meglio dell’uno e dell’altro. Per esempio ci confrontiamo continuamente sulle musicalità e in questo devo dire che Dedo, il nostro produttore che è un grande polistrumentista, ci aiuta molto a vedere anche la sua parte che è più classica, mischiando le nostre differenze, come si dice un po’ alla romana ‘ci piace fare dei zibaldoni’, per cui spesso ci troviamo in situazioni surreali che ci capitano realmente perché abbiamo lasciato aperta alla vita la curiosità. Non pensiamo che il nostro futuro sia tutto dettato, non ci vogliamo costruire troppo. Ci piace vivere quello che ci porta la quotidianità, le persone, il rapporto umano, i luoghi. La nostra diversità ci ha unito nel nostro punto centrale che è l’amore per la musica, per gli ottoni”.

Ma come ti sei formato come musicista? Devi molto al mondo latinoamericano, e poi?

“Io nasco con la musica classica, ho il classico approccio italiano alla musica classica. Nella vita ho amato da subito i ritmi brasiliani, afrobrasiliani, che mi hanno portato a volerli approfondire, conoscerli; Ema invece aveva un amore spassionato per la musicalità cubana, per questo insieme abbiamo voluto approfondire le percussioni. Ci siamo trovati nelle bande di percussioni suonando insieme, poi siamo cresciuti musicalmente in maniera diversa, ma entrambi abbiamo amato gli ottoni. Io sono diventato trombonista, Emiliano è trombettista. Poi ci siamo ritrovati nel volere unire questi due mondi che sono completamente diversi e da lì è nata l’idea di andare a New Orleans e fare un viaggio in posti che hanno musicalità completamente differenti da quelle che sono le nostre tradizioni. Da lì è nata una fusion tra tutti questi elementi che ci porta ad esprimere le nostre sonorità”.

Si avverte subito che la vostra musica viaggia tra Italia, Cuba e New Orleans: sai indicarmi una cifra comune che unisce questi tre paesi?

“In molti campi tutti i paesi sono molto uniti tramite la cultura che si è spostata con le migrazioni dei popoli nei secoli. Noi abbiamo grandi differenze che anche per noi spesso diventa complicato unire e trasformarle nel nostro linguaggio. Devo dire che New Orleans ci ha portato in una dimensione completamente diversa con dei ritmi funk che stiamo sviluppando molto perché ci appassionano. Poi spesso ci troviamo in studio con altri e il valore aggiunto la fa la fusion di tutte le diversità confluite”.

Vedervi nel video “Daje Corazon” in una dimensione da fumetto trasmette allegria: come ti vedi nell’immediato futuro tra sogni e desideri?

“Il video d’animazione è realizzato da Pollister Animation, da un’idea di Andrea Gianfelice e Alessandra Pierozzi, un team che ci ha subito appassionato, che ci ha portato in questo mondo artistico un po’ diverso dal nostro, ma molto simile. Abbiamo interagito molto perché vogliamo essere sempre molto presenti come atmosfere, colori e sensazioni. È un video molto scanzonato che all’interno ha dei concetti nostri fondamentali come l’approccio col diverso e l’assurdo. Spesso ci ritroviamo in relazione con l’assurdo della precarietà del mondo moderno e l’immagine finale del diavolo nel video serve a capire che in alcune situazioni l’indifferenza e l’intolleranza sono impossibili da combattere con la cultura, però il nostro lavoro e il nostro desiderio più grande è portare una visione diversa della vita. Nel nostro futuro abbiamo il desiderio di fare il massimo, cercando di dare l’eccellenza accettando le novità: siamo viaggiatori alla scoperta!”

Mi regali una vostra strofa che arride al futuro…

“Cito ‘Daje Corazon’ che è l’emblema di tutto questo che ci siamo detti, sul finale la canzone trasmette energia, la volontà di combattere le bruttezze umane con la positività dell’essere e della cultura in qualsiasi lingua – spagnolo, portoghese, romano -, amiamo molto la commistura di culture diverse, ma scritto in modo semplice per raggiungere tutti quanti: (qui canta, ndr) eh no te rode todo er dia, c’o so’ ma mica è corpa mia, da sta cumbia lasciate porta, Daje Corazon, Daje Corazon… Quindi, fuori l’energia per poter dire anch’io ci sono e posso fare la mia parte!”

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