“Bosnia Express”, viaggio nella ex-Jugoslavia che si rialza attraverso l’arte

È carico di umana comprensione il documentario “Bosnia Express” del cineasta Massimo D’Orzi, tratto liberamente dal libro omonimo di Luca Leone (Infinito Edizioni). Attraversando in treno il cuore della Bosnia Erzegovina – Sarajevo, Tuzla, Srebrenica, Konjic, Mostar –, si traccia la vita che si fa forza tra le macerie della guerra scoppiata trent’anni fa nella ex-Jugoslavia. I passi che Massimo D’Orzi segue in questo percorso sono quelli delle donne, le prime vittime di quella carneficina e, al tempo stesso, le prime che riescono a guardare alla rinascita attraverso l’arte in tutte le sue forme, dalla musica alla danza, passando per il teatro. Massimo D’Orzi si pone in loro ascolto con un fare in punta di piedi, temendo sia le riprese dall’alto, che gli ricordano i cecchini, sia quelle ad altezza d’uomo, perché gli sembrano invasive dell’intimità delle vittime. Presentato al Festival Visioni dal Mondo di Milano e al Trieste Film Festival, il documentario “Bosnia Express” arriva nei cinema dal primo febbraio con Luce Cinecittà, interrogando gli interessi religiosi, etnici e politici dietro tanta crudeltà dilagata in quella guerra. Dal girato emerge la scritta su un muro: “I veri vincitori non sono quelli che vincono sempre, ma quelli che non si arrendono mai”. E le immagini dello Stari Most, il ponte ottomano del XVI secolo della città di Mostar, distrutto la mattina del 9 novembre 1993, poi ricostruito e completato il 22 luglio 2004, si ergono a simbolo di ferrea volontà a non piegarsi.

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