Roberto Benigni, la purezza dei sentimenti di un cineasta poeta

“Fare poesia e far ridere”, il connubio dei grandi come Charlie Chaplin segnalato da Roberto Benigni nell’incontro al Lido di Venezia, dove è stato insignito del Leone d’oro alla carriera, è lo stesso che appartiene a lui come cineasta e uomo. Sentirlo parlare è come abbeverarsi ad una fonte di purezza, sapienza e saggezza. Benigni definisce una sorta di scala che dagli “istinti” porta alle “emozioni” e poi sulla “sommità fiorita dei sentimenti”. Dice che “i registi esprimono i sentimenti” che restano con te e fa esempi con i film di Chaplin quali “Il grande dittatore”, “Luci della città”, “Tempi moderni”. Parla con ammirazione ed emozione di Jacques Tati, “monaco zen”, e Buster Keaton. Definisce Federico Fellini “il più grande regista del Novecento”: in lui c’è “qualcosa di prodigioso”, “ha sempre parlato del suo villaggio interno”. Lo accosta a Luis Buñuel (di cui è da vedere “Il fascino discreto della borghesia”) per quella loro capacità di saper utilizzare il “linguaggio del sogno”. Benigni osserva che oggi “l’occhio è straziato, non ne può più di immagini”, ma che per fare cinema “bisogna restare puri, come il fanciullino pascoliano”. Precisa, a dispetto di quanto si possa pensare, che “il cinema non è un gioco, è un lavoro. Il regista, ad esempio, deve scegliere continuamente: è il primo a mettere il piede sul set e l’ultimo ad andare via”. Fare l’attore è ugualmente fatica e non è imitare. “L’imitare è l’opposto della recitazione, l’imitazione non ha niente a che vedere con la recitazione. Recitare è un mistero per il quale tu con un gesto diventi altro. Non c’è nulla di spontaneo, recitando devi far finta. La recitazione è un lavoro”. Sul set “la disciplina è importante”, il ruolo dell’attore va fatto con “disciplina e onore” come è scritto nell’articolo 54 della Costituzione (“Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”). Un consiglio a chi si vuole avvicinare al cinema? “Bisogna seguire il proprio fuoco, non il demone che è un’altra cosa”. Le letture preferite di Benigni? “Leggo Dante e Shakespeare, un terzo non c’è”. Ma legge anche altro, di recente gli hanno consigliato “La passeggiata” di Robert Walser. Se non fosse stato Benigni? “Forse avrei fatto un pretino di campagna, ma il desiderio di raccontare e mostrare agli altri è stato così forte e inarrestabile da quando avevo 13 anni che non avrei potuto fare altro. Dentro senti che c’è solo quel cammino per te”.

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