Costanza Quatriglio porta la storia di Nada in tv con una delicatezza inusitata

È una gioia per l’anima il film tv “La bambina che non voleva cantare” (una produzione Picomedia in collaborazione con Rai Fiction), liberamente ispirato a “Il mio cuore” della cantante, attrice e scrittrice Nada Malanima (Edizioni Atlantide), semplicemente nota come Nada, che andrà in onda su Rai1, mercoledì 10 marzo alle 21.25. Innanzitutto è delicata la storia che ha al centro una bambina che avrà successo nel mondo della musica ma che è schiva ad esibirsi in pubblico e, se lo fa, lo fa solo per amore della mamma che soffre di depressione, sotto lo sguardo mite e saldo del papà. Poi c’è la regia elegante e composta di Costanza Quatriglio che dona al racconto ulteriore sensibilità e tatto, arricchito da una sceneggiatura impeccabile scritta a quattro mani con Monica Rametta che, in conferenza stampa streaming, ringrazia con gli occhi quasi commossi gli attori che hanno tradotto al meglio sullo schermo i dialoghi scritti da loro due. Dulcis in fundo, c’è, appunto, un meraviglioso cast artistico. Tutti gli attori sono bravi e donano alla storia emozionante realismo magico. È meraviglioso vederli recitare. Sono tutti credibili e appieno nella parte. Nada a 7 anni ha il bellissimo e contagioso sorriso di Giulietta Rebeggiani, Nada a 15 anni ha gli occhi dolci di Tecla Insolia, mamma Viviana ha la tensione del corpo di Carolina Crescentini, papà Gino ha il silenzio espressivo di Sergio Albelli, il romantico Maestro Leonildo ha la genuinità di Paolo Calabresi, l’incredibile e maldestra Suor Margherita ha la forza di Paola Minaccioni, Nonna Mora ha la schiettezza di Nunzia Schiano. Girata tra la Toscana e il Lazio, avvalendosi della bellissima fotografia di Sabrina Varani, la storia ha il cuore nel paese d’origine di Nada, Gabbro (frazione di Rosignano Marittimo, nella provincia di Livorno), e, ad aiutare sul set gli attori nell’accento, c’è il bravo dialogue coach Michele Crestacci, che compare anche nel film nei panni del presentatore che dà il primo trofeo che si aggiudica Nada. “Ho immaginato ‘La bambina che non voleva cantare’ dopo aver realizzato nel 2009 il film documentario ‘Il mio cuore umano’, ispirato al racconto autobiografico di Nada – racconta Costanza Quatriglio -. Mi sono innamorata subito di questa bambina dalla voce prodigiosa con il cuore ferito per l’instabilità emotiva della madre, così ho pensato a un film che unisse la favola con la musica, personaggi lievi e vitali insieme con i lati più oscuri dell’animo umano, la potenza del talento e della vocazione con le paure più segrete dell’infanzia: il timore dell’abbandono e di non essere amati abbastanza. Nada canta per Viviana dedicando a lei ogni parola delle canzoni d’amore che il maestro Leonildo le fa conoscere”. Nada nel 1969 sale per la prima volta sul palco dell’Ariston e anche se la sua canzone ‘Ma che freddo fa’ non vince, diventa il tormentone dell’anno. Ci riprova e nel 1971 trionfa al Festival di Sanremo. Il plauso della critica e del pubblico la consacra a tutti gli effetti come un fenomeno artistico e musicale destinato a lasciare il segno nella discografia, anche internazionale. “Avevo lasciato il mio paese contro la mia volontà. Andando avanti ho sentito sempre di più il legame forte con le mie radici”, racconta in un videomessaggio Nada. “Alla presentazione del libro di Nada nel 2008 c’era anche Mario Monicelli – ricorda Costanza Quatriglio -. Mi sono innamorata del clima raccontato in quelle pagine e ho trovato la mia chiave di lettura nella voce che si fa quasi terapeutica per la mamma malata di depressione. È un racconto specifico perché attinge ad un’autobiografia ma supera la specificità di Nada per toccare corde condivisibili e universali”. “Ho messo in campo il mio cuore – afferma Carolina Crescentini -. Mi sono chiesta sempre: cosa succederà quando Nada vedrà il film? Interpreto la sua mamma, è la sua storia. Ho provato una sorta di epifania emotiva ad ogni battuta”. “Il racconto di Nada – dichiara Tecla Insolia – è molto travagliato. Si parla di una bambina, poi adolescente negli anni Sessanta. Ha un rapporto con la musica molto complesso perché non capisce se è davvero quello che le piace fare o lo sta facendo solo per sua madre. Ma nel percorso che fa comprende che è un mezzo per poter esprimere tutta la rabbia e i sentimenti che prova. Per l’accento, ho avuto il compito agevolato perché vivo in Toscana da quando sono nata, nello specifico in provincia di Livorno, anche se ho origini siciliane”. “Sono innamorato di questo progetto sin dal primo momento – dice Paolo Calabresi -. Trovo straordinaria questa assenza di celebrazione della grande cantante e il fatto che ci si concentrasse su ciò che è interiore e non esteriore. Interpreto un povero maestro che è un disadattato, un uomo che non vive il suo tempo ed è perciò destinato alla malinconia come tutte le persone che vengono da storie di epoche diverse, ma anche lui cresce insieme a lei”. “Mi sono lanciata nei panni di questa suora che negli anni Sessanta aveva un ruolo attivo a livello familiare, quasi da assistente sociale – racconta Paola Minaccioni -. Suor Margherita è una suora concreta che per caso riesce a trovare il divino e a portarlo nella casa, è un personaggio magico che scova il divino e porta la salvezza in tutta la famiglia. La musica dà la possibilità alla mamma di emanciparsi e al padre di trovare il proprio sé ricominciando a suonare il clarinetto”. “È un film – sostiene Sergio Albelli – che ha un grande specifico femminile”. Guardare “La bambina che non voleva cantare” arricchisce il cuore.

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