Su RaiPlay dal 21 maggio opere prime (per lo più) inedite. Si parte dal film “Magari” di Ginevra Elkann, dove tematiche delicate vengono raccontate con ironia

Voglia di cinema e desiderio di buoni sentimenti ed orizzonti pieni di speranza e disincanto. Dal 21 maggio in esclusiva su RaiPlay per otto settimane c’è “La Rai con il cinema italiano“: con #ilcinemanonsiferma, al via la proposta di racconti ricchi di valori, quasi tutti opere prime, con quattro lungometraggi inediti – non ancora usciti perché sarebbero dovuti approdare in sala nelle settimane di lockdown – e quattro che meritano ulteriore visibilità. A passarsi il testimone saranno: “Magari” di Ginevra Elkann, “Bar Giuseppe” di Giulio Base, “La rivincita” di Leo Muscato, “Abbi fede” di Giorgio Pasotti, “Lontano lontano” di Gianni Di Gregorio, “Ötzi e il mistero del tempo” di Gabriele Pignotta, “Dafne” di Federico Bondi e “Un giorno all’improvviso” di Ciro D’Emilio. “È un esperimento – afferma in conferenza stampa streaming Paolo Del Brocco, al timone di Rai Cinema -, se la risposta sarà importante sarà un altro tassello sul come gustarsi il cinema”. Così, in attesa della riapertura delle sale prevista il 15 giugno – si sta ancora definendo il protocollo – e fermo restando che un film per Rai Cinema nasce per essere visto prima nelle sale cinematografiche, si apre una vetrina importante per i lungometraggi italiani, soprattutto sul fronte della tenitura visto che la piattaforma permette una visibilità rilevante nel tempo.

A tagliare il nastro di questo progetto è il film “Magari“, già passato al festival di Locarno e di Torino, che conta nel cast quello che viene definito l’attore italiano più richiesto sulle piattaforme VOD (video on demand), cioè Riccardo Scamarcio. Nel film è Carlo, definito dallo stesso attore, “un papà non abituato ad avere tutti e tre i figli attorno a sé, uno scrittore sognatore e idealista, però incapace di assumersi completamente le proprie responsabilità. Nel film vengono fuori dinamiche delicate ma sono raccontate con ironia”. In questa coproduzione italo-francese il tema portante è quello delle famiglie allargate e disfunzionali (dove manca comunicazione): Alma, Jean e Sebastiano, tre fratelli molto legati tra loro, da Parigi, dove vivono con la madre di fede russo-ortodossa, si ritrovano catapultati per le vacanze di Natale in Italia dal padre che, invece di portarli in montagna come promesso, li porta al mare, a Sabaudia, assieme a Benedetta, sua assistente e compagna. La tenerezza alla storia è data da Alma, la più piccola, colei che vuole che i suoi genitori si rimettano insieme, tra paure, desideri e sogni: è suo il punto di vista del film. “Lo spunto autobiografico ha poi preso la sua strada – spiega Ginevra Elkann, regista ed anche cosceneggiatrice assieme a Chiara Barzini -. Per me è stato importante parlare delle emozioni e delle piccole cose dell’infanzia che fanno di noi gli adulti che siamo. Ogni famiglia ha i suoi momenti infelici e felici. Il film non è un affresco sociale anni Ottanta, ma il ritratto di sentimenti che si incarnano in questi bambini meravigliosi, molto coraggiosi e capaci”, quali sono gli attori al loro debutto cinematografico Oro De Commarque (Alma), Milo Roussel (Sebastiano) ed Ettore Giustiniani (Jean). Nipote di Gianni Agnelli, figlia di Margherita Agnelli e di Alain Elkann, sorella di John Elkann e di Lapo Elkann, Ginevra pensa che a suo padre e ai suoi fratelli sia piaciuto il film, se non altro perché tutti e tre sono felici che lei abbia realizzato il sogno di fare il suo lungometraggio da regista (dopo essere stata assistente alla regia di Bernardo Bertolucci per il film “L’assedio” del 1998 e assistente video di Anthony Minghella per il film “Il talento di Mr. Ripley” del 1999). Il film è dolce ed ha “personaggi esageratamente romantici”, come sottolinea Chiara Barzini. Il motivo? Lo rivela Alba Rohrwacher che interpreta Benedetta, la sceneggiatrice coinvolta come compagna di Carlo in questa vacanza-lavoro: “Si valorizza la possibilità di una famiglia che si estende al di là del legame di sangue, dove a prevalere è il sentimento dell’accoglienza”.

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