Emanuela Grimalda: “Il nostro lavoro è un attimo, fai un provino e vai”

“Una donna anche se è Dio fa fatica a crederci”, parola dell’attrice Emanuela Grimalda che lunedì 17 febbraio alle 21 al teatro Golden di Roma propone in una versione più ricca lo spettacolo “Dio è una signora di mezza età”, da lei ideato, scritto e interpretato.

Qual è l’urgenza da cui nasce questo testo?

“Il monologo è nato 10 anni fa in una sua forma più embrionale di un quarto d’ora e faceva parte di uno spettacolo che facevo insieme a Paola Minaccioni. L’anno scorso ho deciso di riprenderlo in mano e di farne uno spettacolo a tutto tondo nel senso che questo Dio donna diventa un po’ il filo conduttore e portante di un monologo di un’ora e un quarto dove faccio diversi personaggi ma a parlare è il Dio donna. Questo ha comportato dei cambiamenti, ovviamente, anche se il nocciolo e l’urgenza sono sempre gli stessi, non sono cambiati. Si sono arricchiti dei punti di vista, ad esempio ci sono della parti dove parlo della maternità e questo è venuto fuori da uno sguardo surreale del punto di vista di una mamma che prima non c’era. Ma già dieci anni fa avevo voglia di raccontare il mondo e il nostro quotidiano attraverso un punto di vista diverso, come se Dio fosse una donna. Per esempio, sarebbe un miracolo trovare un asilo nido! Oppure è un Dio che si porta dentro la potenzialità ma anche l’insicurezza perché anche se siamo Dio facciamo fatica a credere che è così! Gioco con l’alto e il basso per parlare di noi, ma non è metafisico lo spettacolo, è molto concreto: faccio vedere la nostra quotidianità spostando lo sguardo, sempre divertendo con ironia, un modo formidabile per trasmettere contenuti”.

Perché di “mezza età”?

“Dantescamente, io già ero nella ‘mezza età’ dieci anni fa considerando che ‘nel mezzo del cammin di nostra vita’ Dante ha 35 anni ed io quell’età l’avevo superata. Io sono una signora di mezza età, quindi ho preso me stessa come parametro, e poi mi diverte il gioco a rilancio con le rughe, la vecchiaia e il tempo. Per me ha anche un aspetto sperimentale sul pubblico presentare un Dio donna e per di più non giovane. Dio donna è simpatica e buffa con l’accento veneto e con il desiderio di fare i pianeti ma anche i tiramisù. Faccio teatro e non filosofia, però mi chiedo perché Dio è maschio se è fatto a mia immagine e somiglianza non può non essere anche donna. Non è un discorso teologico il mio, ma di senso, così mi diverto a raccontare come sono stati creati l’uomo e la donna: non sputo certo, sarebbe una roba da matti per una donna, ma uso la farina. Il mio è tutto un gioco per far riflettere sul perché questo pezzettino di impasto in più che ha l’uomo lo rende per così dire più potente, meglio pre-potente sulla terra. È un lavoro sul paradosso, sui punti nevralgici del nostro presente contemporaneo. Non ho scritto il passaggio sulla maternità perché sono diventata mamma, l’avevo scritto prima. Invece il testo si è arricchito ultimamente del fatto che ho smesso di fumare, cosa che pensavo non mi sarebbe mai riuscita, e questo mi ha dato il senso della potenza che è in noi: credo che siamo noi che ci diamo limiti che in realtà non abbiamo. Questo spettacolo è un invito a fare, a crederci!”.

È prevista una tournèe di “Dio è una signora di mezza età”?

“Per il momento lo spettacolo è in cerca di produttore, perché me lo sono autoprodotta finora. Però, più che un produttore cerco un distributore perché vorrei portarlo in giro per l’Italia, non solo a Roma. Ho accettato l’invito del Teatro Golden, e in una fase embrionale lo avevo provato al Quarticciolo per testarlo. In questa versione ho lavorato con Giovanna Mori che mi ha dato una mano nella drammaturgia. È uno spettacolo che deve viaggiare perché ha tante idee: è un incoraggiamento intrattenendo. C’è grande curiosità attorno al tema”.

Vedrebbe questo testo trasposto in un film?

“Qualche anno fa ne abbiamo fatto il cortometraggio ‘Sono io Dio’, per la regia di Francesca Del Sette, un lavoro che ha partecipato anche al Marché di Cannes. Potrebbe essere interessate un film, ma bisognerebbe capire che taglio darci”.

Altri lavori in corso per lei?

“È appena andato in onda su Rai1 ‘Mai scherzare con le stelle’ (interpreta Marina, ndr) e ho fatto la serie tv ‘Volevo fare la rockstar’ andata in onda quest’inverno (qui è Nadia Casarin, ndr). Cerco di alternare faticosamente il lavoro di cinema e televisione con quello teatrale. Intanto, in questo momento ho lavorato sul trasloco di casa… Il nostro lavoro è un attimo, fai un provino e vai”.

Il personaggio che le ha lasciato di più nella sua carriera?

“In generale, ho amato tutti i personaggi che ho fatto. Ci sono state esperienze più significative. Tanti anni fa, ad esempio, ho fatto la tournèe sui ‘Monologhi della vagina’ che era uno spettacolo che sentivo essere importante. Poi, ho fatto ‘Ferite a morte’ con Serena Dandini. Questi sono spettacoli che hanno anche un risvolto sociale, e quando metto il mio lavoro al servizio di un progetto più ampio sono contenta. Adesso sono molto legata al personaggio interpretato in ‘Volevo fare la rockstar’, perché Nadia è una mamma molto atipica che è anche diventata nonna dopo essere stata ex tossicodipendente ed alcolista: è una mamma molto imperfetta. Mi piaceva raccontare la parte positiva di una persona che ha fatto molti errori, è molto vicina al versante sul quale mi piacerebbe lavorare. In fondo, io amo recitare e cambiare, per me tutto questo è un grande gioco”.

Il regista da cui non è ancora stata diretta con cui le piacerebbe lavorare?

“Al cinema non saprei, ci sono dei grandi autori che amo molto, a partire da Matteo Garrone, ma non ho un regista in particolare. Sicuramente ci sono tanti giovani con dei progetti interessanti e non li conosciamo. È la storia che si vuole raccontare che per me è fondamentale, non il regista. Ad esempio a teatro vorrei fare Bertolt Brecht, in particolare ‘Madre Coraggio e i suoi figli’, questo è il mio vero sogno. Sogno qualcosa di nuovo che mi faccia scoprire qualcosa di me come attrice e come persona, mi appassiona fare qualcosa che non ho ancora fatto: fare qualcosa che ho già fatto per me è una condanna a morte. Mi piace mettermi in gioco come questo spettacolo e ‘Le difettose’, che è un altro spettacolo che ho prodotto comprando i diritti del libro”.

Una storia la colpisce più di testa o di pancia?

“Le due cose sono collegate, la testa senza la pancia non esiste per un attore perché devi fare qualcosa con la tua carne e il tuo sangue, quindi non è solo un piacere intellettuale; la testa serve per le scelte e porta pensieri e idee. Quando c’è equilibrio tra testa e pancia c’è un buon attore”.

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