Mai più: il monito della serie Rai “La guerra è finita” sui superstiti delle deportazioni rientrati in Italia

Donare luce e speranza dopo anni di buio: è la storia della serie tv “La guerra è finita”, per la regia di Michele Soavi, quattro prime serate in onda in prima visione su Rai1 da lunedì 13 gennaio. Nei giorni successivi alla Liberazione, per i pochi superstiti delle deportazioni rientrati in Italia, si apre una nuova difficile realtà. Negli occhi e nel cuore hanno le ferite delle atrocità subite nei campi di concentramento, dove, spersonalizzati e depredati della dignità, sono stati vittime di oltraggi di ogni genere. Sulla loro strada si affacciano due diverse anime belle: Davide (Michele Riondino), che si sente in colpa perché lontano da casa quando sua moglie e suo figlio sono stati presi, avviati ai treni e spariti nel nulla; e Giulia (Isabella Ragonese), figlia di un imprenditore che ha collaborato con i nazisti, da poco arrestato e condotto in carcere. Quando s’imbattono in questi bambini e ragazzi che non sanno da chi andare, Davide e Giulia decidono di occupare una tenuta agricola abbandonata e, aiutati dall’ex ufficiale della Brigata Ebraica Ben (Valerio Binasco), danno rifugio a tanti giovani. Tra questi ci sono: Gabriel (Federico Cesari), che era orfano già da prima della guerra; Miriam (Juju Di Domenico), che un tempo suonava il piano e ora non sa o non vuole più farlo; Sara (Carolina Sala), che detesta il Paese che le ha portato via il padre, la madre e i suoi fratelli con le Leggi Razziali. Ma ci sono anche: Mattia (Carmine Buschini), che non viene dai campi, ma è solo un ragazzo che dà una mano nella tenuta, nascondendo però un recente passato in cui è stato nelle milizie repubblichine; e bambini molto piccoli, come Giovanni, che non riesce più a parlare, e Ninnina, quattro anni, che ha un numero tatuato sul braccio. Interamente girata nel territorio della provincia di Reggio Emilia, la serie, creata da Sandro Petraglia, è una produzione Palomar in collaborazione con Rai Fiction. Avverte Michele Soavi: “Questa serie non vuole riaprire vecchie ferite ma incoraggiare a un risveglio e a porsi delle domande. E soprattutto per non dimenticare mai, e dire al mondo mai più”.

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