“Fronte del porto”: la Napoli di Alessandro Gassmann è poco sanguigna

Sulla carta c’è il riscatto di lavoratori schiacciati dalla criminalità a Napoli, in scena però manca la “carnalità” della città partenopea: è arrivato al Teatro Argentina di Roma (dove resterà fino al 15 dicembre) “Fronte del porto” di Alessandro Gassmann (regia e scene). Nato dall’omonima opera dell’americano Budd Schulberg – a sua volta ispirato a un’inchiesta giornalistica dell’epoca e diventato la base della sceneggiatura del film otto volte Premio Oscar di Elia Kazan con Marlon Brando –, “Fronte del porto” torna sul palcoscenico, dopo la versione teatrale dell’inglese Steven Berkoff. Gassmann ha chiesto a Enrico Ianniello, che cura traduzione e adattamento, di trasferire l’azione dagli Stati Uniti degli anni ’50 alla Napoli degli anni ’80. Questa operazione non è riuscita del tutto: Napoli c’è quasi come cartolina, ma manca di veracità. Daniele Russo, figlio del maestro Tato Russo (al debutto romano in platea solo per il primo tempo) e sanguigno interprete in altre occasioni, qui non riesce a dare al protagonista Francesco Gargiulo, ago della bilancia dell’opera – da complice della malavita a simbolo della riscossa -, il giusto mordente che in realtà sembra non appartenere proprio al personaggio: dovrebbe, ad esempio, essere abbastanza carismatico da giustificare l’amore quasi incondizionato della giovane legata alla prima vittima. Tra l’altro, Francesca De Nicolais, nei panni di Erica Caruso e unica donna in scena, urla per tutto il tempo, tranne quando vede per la prima volta il corpo a terra del fratello: è una scelta – compostezza del dolore e alzare la voce di fronte ai soprusi? – che avrebbe meritato pause e ritmi diversi. Il testo è tanto parlato e poco recitato in tutti, anche in Emanuele Maria Basso che interpreta Don Bartolomeo, emblema di tutti i sacerdoti in prima linea contro la criminalità organizzata: non ha tempi tali da giustificare il passaggio da una sorta di omertà a un prendere posizione netta contro la malavita. Peccato, perché la compagnia legata al Teatro Bellini di Napoli è fatta di talenti – qui in scena anche Antimo Casertano (Michelone), Antonio D’Avino (Carluccio il Galantuomo), Sergio Del Prete (Avvocato Agnelli/Ispettore De Stefano), Vincenzo Esposito (Bufalo), Ernesto Lama (Giggino Compare), Daniele Marino (Scialatiello), Biagio Musella (Peppe Caruso/Tommaso/Gennaro), Pierluigi Tortora (Luciano/Angioletto/Totore), Bruno Tràmice (Mario Caruso) -. Peccato, perché la regia all’inizio tenta soluzioni sceniche servendosi di videografie che facevano ben sperare in un maggior coraggio nello sperimentare e dire cose nuove.

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