Francesco Piccolo spiega perché i “lui” fanno soffrire le “lei”

Ha bussato alla porta di Boccaccio e ai ricordi di villeggiature lontane, è andato un po’ a braccio e un po’ si è servito di letture, ha abbassato lo sguardo e invitato ad ascoltare una canzone: sul palco ha fatto tutto questo per raccontare “L’animale che mi porto dentro”, che è un romanzo, uno spettacolo teatrale e una condizione dell’essere maschio. Lo scrittore e sceneggiatore Francesco Piccolo al Teatro Vascello di Roma ha debuttato con la confessione intima di un uomo allo specchio del proprio rapporto con l’altro sesso. Tutto ha avuto inizio con la prima fidanzatina che spezza il cuore di un lui innamorato, narrato in prima persona, e a cui viene così inesorabilmente segnata l’adolescenza da pregiudicarne tutta l’esistenza: è l’incipit della ricerca della rivincita (anche vendetta) nei confronti di tutto il genere femminile, perché ingiustamente tutte quelle dopo avrebbero scontato “colpe” non loro. Ma questo è a conti fatti il modo con cui l’essere maschio giustifica i propri comportamenti prepotenti nei confronti della lei di turno, un atteggiamento così radicato che è motivo di appartenenza tra i maschi. Francesco Piccolo racconta ciò con un candore tale da risultare disarmante il contrasto tra quello che dice e il come lo dice, ma è proprio questo che rafforza il valore della denuncia di una debolezza che accomuna tutti i lui di generazione in generazione. La narrazione è leggera, gustosa – si sorride tanto in platea -, ma la riflessione è profonda.

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